Le verdure fermentate sono un alimento che accomuna numerose cucine popolari di tutto il mondo. Si tratta di un’antica forma di conservazione degli alimenti, ma anche di una preziosa fonte di nutrimento che arricchisce le verdure di sostanze benefiche per l’organismo.
Grazie al processo di fermentazione, si sviluppa una coltura dei batteri perfettamente compatibili con quelli della nostra flora intestinale. Si tratta di saggezza antica pienamente suffragata dalla medicina moderna che ne valuta e misura i benefici ottenuti.
Quel che conta è scegliere con cura le verdure da sottoporre a questo processo di conservazione tra quelle coltivate nel proprio orto. Considerando che si tratta di alimenti che saranno destinati alla realizzazione di conserve è una buona idea evitare di usare prodotti chimici e potenzialmente dannosi durante la loro crescita.
Quali sono le verdure più adatte
Per ottenere delle buone verdure fermentate è consigliabile sceglierle in modo attento perché sopportino bene il processo di trasformazione. I lattobacilli che intervengono nel processo di fermentazione agiscono in condizione di totale assenza di ossigeno.
Questo avviene quando, grazie al sale, le verdure liberano il loro contenuto di liquidi. Ricoprendosi completamente e quindi isolandosi del tutto dal contatto con l’aria sono pronte per dare il via al processo di fermentazione.
Quel che conta quando si sceglie la giusta verdura da far fermentare è la dimensione e la consistenza della verdura. Non è un caso che i cavoli siano tra i più impiegati in tutte le culture per realizzare diverse varianti di alimento fermentato. I crauti, noti in Austria come Sauerkraut e consumati in tutto il nord Europa fino in Russia, così come in nord Italia, sono l’esempio per eccellenza.
Ma tutte le verdure che abbiano una certa durezza si prestano bene allo scopo. Come le radici, carote, daikon, ma anche cavolfiore e tutta la verdura che ha una certa consistenza si presta a essere processata in questo speciale modo.
Coltivare in casa le verdure per gli insalatini
Sapevate che anche in Italia è possibile coltivare il tipico ravanello giapponese? La radice del daikon, infatti si adatta bene a essere coltivata nel nostro territorio a patto di rispettare alcuni elementi che ne assicurano lo sviluppo ottimale.
Infatti la pianta è piuttosto rustica e si adatta a crescere e svilupparsi bene in quasi tutti i climi. La radice impiega fino a quattro mesi prima di essere pronta per il raccolto e il risultato è sempre soddisfacente e appagante. Merita fare qualche prova per scoprire se il suo sapore è gradito, ma soprattutto perché si presta bene a essere utilizzata nel processo di conservazione per via della fermentazione in barattolo.
Chi preferisce far fermentare i cavoli, come il cappuccio o la verza, dovrà usare solo minime accortezze per ottenere un buon raccolto. Ma è bene considerare che di solito le crucifere, cioè tutte le varietà di cavolo, non presentano grosse difficoltà di coltivazione.
La pastinaca è un tipo di carota che si sta affermando tra gli appassionati che desiderano coltivare specie della tradizione che si stanno perdendo insieme alla diversificazione colturale. Sostituita dalla più comune e versatile carota, la pastinaca insieme a scorzonera e scorzobianca sono poco a poco scomparse dalle piantagioni destinate alla commercializzazione del prodotto. Ma è possibile coltivarle nell’orto di casa senza particolari difficoltà e usarle per la preparazione di fermentati speciali.
Non serve molto per trasformare l’orto in un vero e proprio laboratorio di biodiversità. Sfruttare un ambiente caldo e protetto come quello delle casette da giardino è utile per offrire riparo ai semi prima dell’epoca adatta al trapianto a terra. Nella maggior parte dei casi, le verdure meno comuni sono più facili da trovare in forma di seme ed è meno probabile riuscire a procurarsi la piantina già pronta per essere trapiantata.
Perché le verdure fermentate fanno bene
Lo spiega la scienza e in effetti ci vuole poco a rendersene conto. Gli alimenti fermentati sono numerosi sulla nostra tavola. Sono fermentate buona parte delle bevande alcoliche che portiamo a tavola, il vino e la birra. Lo sono anche gli yogurt e il pane, specie quello realizzato con il lievito madre.
Durante la fermentazione si sviluppano colonie di batteri detti “buoni”. Sono i probiotici, cioè quelli in grado di favorire la proliferazione della flora batterica intestinale. È la stessa che ci permette di digerire e quindi assorbire tutti i nutrienti preziosi contenuti negli alimenti.
La fermentazione viene innescata in maniera naturale grazie alla presenza dei batteri che si trovano sulla superficie stessa degli alimenti. Oppure viene indotta inoculando funghi e colonie di batteri che funzionano da starter e avviano il processo di trasformazione della sostanza organica.
La chimica della fermentazione
È un po’ quello che avviene quando mettiamo il pane a lievitare, i batteri presenti nel lievito si nutrono della componente zuccherina presente nella farina trasformandola in glutine e rendendolo così delizioso, croccante e sodo. Oppure è quello che succede quando si prepara lo yogurt aggiungendo al latte il lattobacillus bulgaricus che anche qui si nutre degli zuccheri attivando il processo di acidificazione.
La fermentazione avviene secondo regole precise, ma difficili da controllare in casa alla perfezione. Per questo è opportuno conoscere i metodi di lavorazione e le precauzioni da seguire per accertarsi di portare a tavola alimenti controllati. In generale si distinguono tre tipi di fermentazione, quella alcolica che porta alla formazione di vino o birra, per esempio. Quella acetica nella quale prevalgono i batteri acetici ed è la stessa che consente la realizzazione dell’aceto.
Infine, la fermentazione lattica è quella che si impiega per trasformare gli alimenti solidi e conservarli a lungo.
Come si preparano
Il classico esempio dei crauti vale anche per tutte le altre verdure. Sarà importante pulire e accertarsi di asciugare accuratamente gli ingredienti scelti prima di procedere. Quindi bisognerà tagliare tutto a listarelle molto sottili. Questo passaggio è importante perché assicura al sale che si usa per attivare la fermentazione di penetrare a fondo nella struttura delle verdure.
Quindi sarà la volta di scegliere un contenitore. Il primo potrà essere di grandi dimensioni, meglio se stretto e lungo. Poi dei barattoli più piccoli serviranno per conservare il prodotto pronto.
Le verdure disposte a strati dovranno essere man mano coperte di sale. Quindi schiacciate con un grosso peso, almeno 5 chili. In alternativa si possono usare gli appositi contenitori in vendita nei negozi specializzati che consentono di sottoporre le verdure allo schiacciamento ideale isolandole dal passaggio dell’aria.
Sì, perché una buona fermentazione può avere luogo solo se avviene in ambiente anaerobico, quindi in totale assenza di ossigeno. Quando il sale agisce sulle verdure queste perdono i liquidi che le compongono e la salamoia che si forma funge da starter di tutto il processo.
Possono occorrere fino a due mesi perché il procedimento sia perfettamente completato. Quindi si potranno trasferire le verdure in contenitori più piccoli. È importante assicurarsi che le verdure siano sempre ricoperte di salamoia e per farlo sarà possibile aggiungerne in seguito. Si prepara facilmente mettendo a bollire dell’acqua con una percentuale variabile di sale, da 2,5 al 6%.